La valletta di Colle Aperto

Ci sono luoghi che esprimono bellezza già dal nome, innanzi tutto.
La "valletta di colle aperto" ne è esempio tangibile, concreto, e la fotografia messa a corredo conferma la perfetta correlazione tra l'amenità del nome e del luogo.
Un binomio degno dei geniali autori dei testi dei fumetti di Topolino negli anni Settanta del secolo scorso, di cui ricordiamo il "Cucuzzolo di Colle Fresco", dove Paperino portava in vacanza i nipoti Qui, Quo, Qua, mai senza qualche imprevisto.
"Dare nome" alle cose, ricorda parimenti Erri De Luca, è prerogativa che più avvicina l'uomo a Dio, anche se abbiamo smarrito con il tempo buona parte dello stupore, della sacralità e dell'impegno nel farlo.
Ci consoliamo così con gli esempi buoni del passato, come "la valletta di Colle Aperto", qui immortalata dalle Edizioni Cip e ripresa su Storylab da Roberto Brugali. "Fino agli inizi degli anni Ottanta - ci ricorda Stefano Viel- dalla ringhiera in ferro verso la valletta si sporgevano delle mucche e si poteva toccarle , cosa impensabile oggi".
Vero. Impensabile oggi, così come notare un prato scosceso così curato, ben tenuto, che pare anch'esso un velluto o, per restare in tema, il dorso irsuto di un enorme e placido bovino.

Giorgio
Giorgio Bardaglio Giornalista

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