"La smorfia" bergamasca

Ottantasei: il negozio. Sessantasei: le zitelle. Cinquantadue: la mamma. Probabilmente "la smorfia" la conoscevano bene, anche se eravamo in città alta e non a Napoli, alla fine degli anni Settanta. Un crocchio di donne, sei in tutto, proprio di fronte alla ricevitoria del banco del lotto in piazza Mercato delle Scarpe. Una fotografia di un equilibrio perfetto, quella caricata da Giuseppe Preianò.

La pubblichiamo oggi, nel giorno in cui L'Eco di Bergamo riporta del ricorso che i colossi italiani del gioco hanno fatto contro il Comune per la delibera che decreta la limitazione delle slot-machine e più in generale del gioco, pure se legalizzato.

Il folclore che allora si accompagnava al dare i numeri (del lotto) o nel fare la schedina del Totocalcio oggi è scomparso, sepolto dall'industria ch'è diventata l'azzardo. Ecco perché noi torniamo indietro volentieri, a quegli anni in cui la Smorfia non era soltanto quella del viso.

Giorgio
Giorgio Bardaglio Giornalista

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