L’amico e l’estimatore di padre Cesare Albisetti. Claude Lévi-Strauss, uno dei più grandi intellettuali del ‘900, è morto a Parigi il 30\10\2009. Tra pochi giorni avrebbe compiuto 101 anni. Una delle citazioni più celebre del grande antropologo è quella con cui ha negato le teorie razziste: "Nulla, allo stato attuale della ricerca, permette di affermare la superiorità o l'inferiorità di una razza rispetto all'altra". Estimatore del nostro padre Cesare Albisetti, ebbe con lui momenti esaltanti nella scoperta delle abitudini di vita degli indio Bororo, anche se la conoscenza approfondita della loro cultura da parte dell’antropologo, fu resa possibile da padre Cesare, poiché aveva già pubblicato i primi due volumi dell’Enciclopedia Bororo: la grandiosa e scientifica opera letteraria che Levì-Staruss definì: “portentosa summa”. Invitato a scrivere l’introduzione del terzo volume, il già noto personaggio francese scrisse: “Padre Cesare Albisetti e Padre Venturelli hanno avuto la delicatezza di chiedermi di scrivere una breve introduzione per il terzo volume dell’Enciclopedia bororo. Questa dimostrazione di fiducia, dimostrata da specialisti che consacrano la loro vita allo studio dei Bororo, mi ha profondamente commosso. Innanzi tutto ringrazio per le settimane trascorse agli argini del fiume Vermejo (…).Quell’incontro, anche se breve, ha segnato la mia carriera, poiché, nonostante fossi principiante,mi diede fortuna di contattare una cultura indigena ancora del tutto intatta come quella del villaggio di Kejata, oltre vivere giorno e notte un’intensa attività cerimoniale, vedere gli abitanti elaborare fantastici ornamenti che provocano e offrono al visitante quel senso di grandezza,di ricchezza e di magnificenza delle tradizioni e civiltà dell’America del Sud. I Bororo mi hanno anche offerto la contemplazione di uno spettacolo meraviglioso e non solo poiché, nonostante i principi teorici sviluppati degli ultimi trent'anni, non riuscivo a capire come una società umana potesse tentare di unificare in un vasto sistema, sia sociale sia logico, un insieme di relazioni tra membri che la componevano e di mantenerlo unito alle diverse specie naturali e al mondo fisico che lo circondano. Anche se diverse dalle nostre, le loro fortune di pensiero sono in grado di analizzare e classificare i fenomeni, di astrarre le proprietà, di elaborare una visione nettamente filosofica del mondo. La prima parte di questo terzo volume è consacrata ai canti per la caccia e la pesca. Gli autori, inoltre, hanno inserito i riti corrispondenti ai diversi culti. Sono note le difficoltà incontrate nell’affrontare una simile impresa, come ad esempio svelare i segreti delle formule esoteriche o arcaiche così abbondanti nei canti e nelle preghiere. E’ per questo che non esistono pubblicazioni per potersi confrontare. Gli autori, non soddisfatti di aver trascritto testimonianze orali, hanno aggiunto accorgimenti e abbondanti informazioni per migliorare la comprensione della cultura materiale, l’organizzazione sociale, le credenze religiose e mistiche già registrate nei primi volumi. La cultura bororo è ora vista da un originale punto di vista. Dalle informazioni etnografiche presenti, possiamo trarre delle riflessioni teoriche, poiché gli autori mettono ammirevolmente in evidenza il modo in cui, in America, avvengono i rituali e lo fanno con due processi descrittivi: il racconto dei particolari legati a ogni gesto o rituale e la ripetizione di formule vicine per la sintassi o l’assonanza che, innescate tra loro, offrono la possibilità di formare una nuova serie di parole. Tuttavia, prima di concludere, desidero sottolineare un aspetto originale della cultura e del pensiero bororo: gli intensi sentimenti estetici che si manifestano ripetutamente in canti che evocano lo splendore della natura, la bellezza degli animali, la delicatezza dei fiori: il piacere dei Bororo per le piume dai colori brillanti e per il materiale pregiato come la madreperla, i denti d’avorio, le orchidee e tutti gli altri fiori della foresta con i quali gli uomini si ornano la capigliatura per illuminarla di nuova luce. Ora sappiamo perchè i popoli sono pervasi da un amore così profondo per la natura in quanto non hanno esercitato uno sviluppo tecnico ed economico. Sia questo amore sia la fede religiosa sono all’origine dell’arte poetica alla cui bellezza non potevano sottrarsi nemmeno questi due etimologi o chiunque altro, siano essi scrittori, artisti o semplici lettori sensibili alle più diverse espressioni del genio umano. Claude Lèvis-Strauss dell’Accademia francese. Professore al Collegio di Francia”. Claude nasce nel 1908 a Bruxelles, ma si trasferisce con i genitori a Parigi. Studia Legge e Filosofia alla Sorbona. Non termina gli studi in Legge, ma nel 1931 si laurea in Filosofia. Inizia ad insegnare in un liceo di provincia. Scopre nelle scienze umane, in particolare nella sociologia e nell'etnologia, la possibilità di costruire un discorso più concreto e innovatore sull'uomo. Nel 1935 gli è offerto d’insegnare Sociologia a San Paolo in Brasile, dove una missione culturale francese ha l'incarico di fondare un’università. Per Lévi-Strauss è l'occasione per conoscere un mondo diverso da quello europeo, soprattutto entrare in contatto con le popolazioni indie del Brasile. L’esordio nel campo dell'antropologia è graduale. Nei primi tempi, quando è libero da impegni universitari, compie visite all'interno del paese. Organizza spedizioni tra i Bororo, il gruppo etnico dove è collocata la Missione di padre Cesare Albisetti. Affronterà poi un’escursione nel Mato Grosso e nella foresta amazzonica. Tornato in Francia nel 1939, entra nell'esercito allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel 1941, a causa delle persecuzioni contro gli ebrei, fugge negli Stati Uniti. A New York frequenta intellettuali emigrati. Insegna presso la Nuova scuola per le ricerche sociali. Insieme a Jacques Maritain, Henri Focillon e Roman Jakobson, è fondatore dell'École Libre des Hautes Études, una specie di "università in esilio" per accademici francesi. Lévi-Strauss è considerato, insieme a Franz Boas, uno dei maggiori esponenti dell'antropologia americana. Disciplina, quest'ultima, che insegna presso la Columbia University di New York. Nel 1948 torna a Parigi e consegue il dottorato alla Sorbona. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta continua con successo le sue pubblicazioni. Ma la grande popolarità di Lévi-Strauss si deve a Tristes Tropiques, pubblicato nel 1955: in parte biografia, in parte riflessione filosofica sul viaggio. L’opera è soprattutto diario sistematico degli studi su quattro tribù primitive del Sud America. Nel 1959 è titolare della cattedra d’Antropologia sociale presso il Collége de France. Al 1962 risale la pubblicazione di quello che è considerato il suo lavoro più importante, Pensée Sauvage, nel quale traccia la teoria della cultura mentale e la teoria del cambiamento sociale: la seconda parte coinvolgerà Lévi-Strauss in un acceso dibattito con Jean-Paul Sartre riguardo la natura della libertà umana. Lévi-Strauss dedica la seconda metà degli anni ‘60 alla realizzazione di un gran progetto: quattro volumi di studi dal titolo Mythologiques. In loro analizza le variazioni dei gruppi del Nord America e del Circolo Artico esaminando, con metodologia rigorosamente strutturalista, le relazioni di parentela tra i vari elementi. Nel 1973 è accolto dall'Académie Française. Nel 1975 riceve l'Earsmus Prize, ma aveva già ricevuto numerosi riconoscimenti e lauree a honorem da università importanti. Nel 1977, con la notizia della morte di Padre Cesare Albisetti, Levi-Strauss esprime il suo cordoglio ai Salesiani: “E’ con profondo dolore che apprendo notizia della scomparsa di Padre Cesare Albisetti. Lo sento vivamente, in prima persona questa perdita, in quanto egli mi onorò sempre della sua amicizia (…).Tra noi c’era una fitta corrispondenza: Con la sua abituale generosità,insisteva affinché utilizzassi liberamente le sue informazioni, talvolta inedite. Ma è anche la comunità degli Americanisti che avverte nel suo insieme la perdita di un esperto e di un saggio, il quale si era totalmente identificato con la cultura Bororo e si può ben dire che con Padre Albisetti scompare anche un poco di essa (…). Ma Padre Albisetti non fu soltanto un conoscitore incomparabile delle tecniche, delle leggi, delle pratiche religiose e delle credenze metafisiche degli Indi Bororo, poiché gli resterà nel nostro ricordo come uno dei primi missionari che compresero la ricchezza e il valore di una credenza diversa dalla propria e seppe non solo rispettarla, ma anche difenderla contro ogni minaccia e l’aiutò a sopravvivere”.